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Botanica e agronomia

Da ragazzino ero già un nerd. Mi piaceva la scienza, mi piaceva fare esperimenti e vi ho già raccontato di quando mandai a fuoco la lavanderia di mia madre. Non so se vi è mai successo di rompere un termometro di quelli a mercurio. Ormai non ne fanno quasi più, sono tutti digitali anche perché il mercurio è stato bandito per via della sua super tossicità. Per me comunque era un evento tipo l’Italia che vince gli Europei di calcio (eheh): conservavo le gocce di mercurio che fuoriuscivano e ci giocavo affascinato dal comportamento di questo insolito metallo, liquido a temperatura ambiente. A volte le rotture del termometro erano volontarie (non ditelo a mia madre) e lo strumento di misura veniva immolato nel nome della scienza.

Tranquilli, non avete sbagliato blog, si parlerà di piante.

Nel giardino di casa, a quei tempi, c’era un piccolo laghetto, con qualche Ninfea e Fior di Loto. Se avete mai avuto la fortuna di ammirare da vicino il bellissimo fiore del Loto (Nelumbo nucifera) non vi sarà probabilmente sfuggita un’altra caratteristica fighissima di questa pianta: l’idrofobia delle sue foglie. Ecco io con questa cosa ci passavo le ore in giardino.

Se spruzzate dell’acqua sulle foglie del loto la vedrete schizzare via velocemente sottoforma di sfere che a me hanno sempre ricordato le gocce del mercurio: la foglia del loto non risulterà mai bagnata e a nulla varrà il vostro tentativo di inondarla, l’acqua vi scivolerà sempre sopra accumulandosi nel centro o scappando oltre i bordi della lamina fogliare.

Ancora oggi questo fenomeno mi riempie di curiosità e nel corso degli anni ho incontrato altre piante che presentano la stessa caratteristica. Sono peraltro piante molto particolari e ho fatto queste scoperte a volte quasi per caso. La scorsa settimana vi ho dato un contenuto strong e come promesso oggi trattiamo un argomento un po’ più leggero e curioso (per chi ha crisi di astinenza da scienza: tranquilli, qualcosa vi metto pure qui).

 

L’EFFETTO LOTO

Qualche settimana fa è passata a trovarmi in vivaio la cara amica Ellis e dalla sua visita è uscito un video bellissimo che vi raccomando di vedere. Ho voluto farle vedere il lago dei Loto perché è uno degli angoli del vivaio che preferisco e le ho mostrato il succitato ‘effetto mercurio’ sulle foglie del Nelumbo. Per inciso: il nome corretto che viene attribuito a questo fenomeno è proprio ‘effetto Loto‘, dal nome di una delle piante che presenta in maniera particolarmente spiccata questa proprietà.

Abbiamo ipotizzato inizialmente che questa proprietà ‘idrofobica’ delle foglie fosse stata sviluppata dalla pianta in maniera da limitare la marcescenza delle foglie a contatto dell’acqua, ma non sembravamo convinti della cosa (anche perché tipicamente la foglia del Loto è portata in alto sopra il pelo dell’acqua, a differenza di quelle della Ninfea che posano sulla superficie). Ho condotto alcune ricerche tra la letteratura scientifica, scoprendo una cosa entusiasmante.

 

PIANTE CHE AMANO L’IGIENE

Il Loto è una pianta venerata in Oriente, ricca di simbologia e considerata sinonimo di purezza. In effetti pur abitando ambienti non proprio ‘puliti’ come stagni, fiumi e laghi fangosi, la troverete sempre con foglie tirate a lucido. La questione non ha lasciato indifferenti botanici e studiosi in genere che hanno appurato come il Loto (al pari di altre piante con la stessa caratteristica) possegga un meccanismo di auto-pulizia naturale: la superficie della foglia non trattiene l’acqua, che vi scivola sopra (spesso sbriciolandosi in una moltitudine di piccole sfere) scappando via, L’acqua non viene mai trattenuta dalle foglie del Loto che risultano conseguentemente sempre asciutte

 

IDROFOBIA E BAGNABILITA’

L’idrofobia è una caratteristica dei materiali che presentano bassa bagnabilità. La bagnabilità è definita come la capacità di un liquido di mantenere il contatto con una superficie: maggiore è la superficie di contatto tra il liquido e il materiale che compone la superficie, maggiore è la bagnabilità.

  • forse di adesione + bagnabilità
  • forze di coesione – bagnabilità

Quando l’angolo di contatto supera i 150° si parla di ultraidrofobia (o superidrofobia)

da wiki

Il loto in molti paesi orientali è considerato simbolo di purezza: infatti i fiori di loto, pur avendo come habitat fiumi e laghi fangosi, non sono mai sporchi. I botanici che hanno studiato questo meccanismo hanno appurato che in effetti queste piante posseggono un meccanismo naturale di pulizia: sulle foglie del loto l’acqua non viene trattenuta (infatti queste foglie sono sempre asciutte), ma scivola via in tante goccioline che si formano per via dell’alta tensione superficiale presente sulla foglia, portando con sé la fanghiglia e i piccoli insetti che in essa si trovano. Questo è possibile perché le foglie di loto sono rivestite da cristalli di una cera idrofobica di dimensioni nanometriche. In questa scala, le superfici ruvide risultano più idrofobiche di quelle lisce, perché l’area di contatto reale tra la goccia d’acqua e la superficie d’appoggio è circa il 3% di quella apparente, per cui il peso della goccia la fa scivolare via. La ruvidità della foglia è utilissima anche per l’effetto autopulente, perché le gocce rotolano, mentre su una superficie liscia le gocce slitterebbero, rendendo meno efficace l’asportazione dello sporco.

salvo le radici, tutte le parti della pianta sono generalmente ricoperte da una sorta di ‘pelle’ chiamata cuticola, l’interfaccia della pianta con l’esterno.

 

 

W. Barthlott, C. Neinhuis. Purity of the sacred lotus, or escape from contamination in biological surfaces. Botanisches Institut und Botanischer Garten der Universität Bonn

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